Transizione ecologica: rispunta l’energia nucleare!

Non si finisce mai di meravigliarsi!  La crisi climatica parla chiaro: abbiamo a disposizione 7/8 anni per evitare che la temperatura della Terra superi i 1,5 Gradi centrigradi, punto di non ritorno per l’avvio di processi climatici irreversibili, assolutamente incontrollabili e imprevedibili che metterebbero a repentaglio la sopravvivenza dell’umanità.

Basterebbe questo per capire come l’opzione nucleare sia di fatto impraticabile: per avere il primo kwh di energia da nuove centrali nucleari bisognerebbe aspettare, nella migliore delle ipotesi, almeno 10 anni (tempo minimo di costruzione), e saremmo già fuori tempo massimo. Altro che transizione ecologica!

Eppure c’è ancora chi tira fuori dal cappello di prestigiatore la favole del nucleare pulito e sicuro ed economico. Di questi giorni la notizia che la Commissione Europea (il “governo” europeo) ha intenzione di inserire nella tassonomia UE il nucleare e il gas quali tecnologie da sostenere con investimenti finanziari, garantiti da soldi pubblici e marchi certificati di “sostenibilità”.

Che c’è di male? In fondo non è altro che dare un’etichetta, anche se forse inappropriata, nulla di più! Ma è proprio così?

Bisogna fare un passo indietro. Da anni le forze ambientaliste insistono sulla eliminazione o almeno riduzione drastica dei sussidi ai combustibili fossili (ad esempio, l’Italia, ancora oggi, destina circa 19 miliardi per le fossili, più di quanto destina per le rinnovabili) e per il sostegno alle energie rinnovabili. Se ne è discusso nella COP26 del dicembre scorso e neanche lì si è avuto il coraggio di voltare pagina. Alla fine, come compromesso,  si è deciso che andavano ridotti solo i “sussidi inefficienti”.

La proposta della Commissione Europea va nella stessa direzione: è un chiaro messaggio alla finanza (pubblica e privata) che anche nella transizione potranno continuare ad investire (e guadagnare) sul nucleare e sul gas, mentre invece abbiamo bisogno immediato di un piano di investimenti nelle fonti alternative, in coerenza con gli obiettivi europei per il 2030

Per avere un’idea, significa che buona parte dei 5,7 trilioni di dollari (gli attuali sussidi globali alle fonti fossili) potranno continuare ad essere erogati con le stesse finalità di prima, sotto una più accattivante veste di sussidi verdi, invece di essere orientati correttamente a finanziare energie veramente rinnovabili.

Riprendiamo il tema tema del nucleare sicuro, pulito e economico.

I costi.
Un po’ di storia. Nel 2008 Berlusconi firmò un memorandum con la Francia che prevedeva la costruzione in Italia di 4 reattori Epr. La Francia aveva iniziato poco prima (2006) a costruirne uno a Flamnville con un costo previsto di 3,3 miliardi di €. Oggi, nel 2022 è ancora in costruzione e il costo complessivo (Corte dei Conti francese) supera i 19 miliardi, senza aver prodotto un solo kwh! Per fortuna che in Italia c’è stato il referendum del 2011 e i cittadini hanno detto un chiaro NO al nucleare e la cosa da noi non è andata avanti. Facciamo due conti: abbiamo risparmiato la bellezza di circa 80 miliardi; in più, le fonti rinnovabili nel frattempo hanno prodotto 50 milioni di kwh all’anno, più di quanto avrebbero prodotto i 4 reattori nucleari. Inoltre, sul fronte dei costi della bolletta, puntare sul nucleare sarebbe un vero suicidio: secondo il World Nuclear Industry Status Report, nel 2020 produrre 1 kilowattora (kWh) di elettricità con il fotovoltaico è costato in media nel mondo 3,7 centesimi di dollaro, con l’eolico 4, con nuovi impianti nucleari 16,3.

Non possiamo che ringraziare la lungimiranza dei i cittadini italiani.

Energia pulita  e sicura.
Il nucleare, certo, non produce CO2 (anche se durante la costruzione della centrale …), ma produce … radioattività. In caso di incidenti gli effetti sull’ambiente sono catastrofici. Basta ricordare gli ultimi due incidenti più rilevanti di Cernobyl (1986) e di Fukushima (2011), i cui effetti hanno interessato ampie parti del pianeta e dureranno per migliaia di anni.

Ma anche in assenza di incidenti, avremo di fronte problemi enormi, mai risolti, come  lo smaltimento delle scorie radioattive e lo smantellamento della centrale a fine vita (perché dopo 40/50 anni e tutta a centrale ad essere radioattiva).

Ad esempio, in Italia, la quantità di scorie nucleari delle centrali elettriche dismesse non è elevata. Nonostante questo, da decenni non si riesce a individuare un sito adatto per lo stoccaggio delle scorie e nessuna regione ad oggi si è dichiarata disponibile ad accettarlo sul proprio territorio.

Non osiamo pensare a quanto succederà in Francia che ha più di quaranta centrali da smaltire, la maggior parte delle quali verso il fine vita: si vocifera di un costo di smaltimento attorno ai 400/500 miliardi!

Ritornando a Fukushima, è recente la notizia della decisione delle autorità giapponesi sversare in mare il milione di tonnellate di acqua radioattiva, stoccata provvisoriamente (?) per anni, in contenitori: con quali risultati sull’ambiente marino non si sa, ma si può immaginare.

Come è possibile pensare ad un ritorno al nucleare? 

L’Italia potrebbe avere un ruolo determinante in questa faccenda e spingere l’Europa a guardare in avanti, ma le esternazioni del nostro ministro per la transizione energetica non fanno ben sperare.

Per chi volesse approfondire: un articolo Giuseppe Onufrio direttore di Greenpeace Italia “Così rischiamo di intossicare anche i green bond” e uno più “politico” di Luciana Castellina e Massimo Serafini “Un colpo alla Terra e alla democrazia ”.