Amministrazione condivisa dei beni comuni e patti di collaborazione

Già numerose le esperienze in atto a Gavardo di patti di collaborazione, ma quante altre potrebbero nascerne ancora?
Se ne parla GIOVEDI’ 10 NOVEMBRE 2022 ORE 20,30 a Gavardo, sala civica C. Zane via G. Quarena 8.
Sarà presente il Presidente di Labsus.

Tutta la cittadinanza è invitata a questa importante occasione!

Guerra in Ucraina – Riflessioni sulla PACE

L’invasione Russa dell’Ucraina rende urgente e indispensabile rimettere al centro questioni relegate in secondo piano come la PACE, lo stop alla crescita delle spese militari, il disarmo, la dismissione delle diffusissime armi nucleari in Europa.

Pubblichiamo due articoli per riflettere su questi temi condividendone i messaggi:

✅“ siamo contro la guerra , nessuna ragione politica la giustifica, siamo contro a prescindere da chi la nuova, siamo contro i complessi militari-industriali siano essi occidentali , cinesi e russi..” ( Tommaso di Francesco )

✅“ dobbiamo tutti impegnarci a fondo per salvare la pace che è supremo bene in questo momento storico: pace fra gli uomini, pace fra le nazioni, pace con il Pianeta Terra “
( Alex Zanotelli )

Guerra in Ucraina – Appello per la PACE

Gavardo in movimento segue con preoccupazione quanto sta accadendo oggi in Ucraina.

Riportiamo il testo dell’articolo 11 della Costituzione Italiana, pienamente convinti che sia in questi frangenti che le nostre istituzioni debbano dimostrare la propria fedeltà e ispirarsi al principio espresso in questo articolo.

Articolo 11

“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”

Per questo condivide e fa proprio l’appello della Segreteria Nazionale dell’ANPI: “Ucraina: TORNI UN GRANDE MOVIMENTO PER LA PACE”

Di seguito potete trovare l’appello integrale da leggere.

PS. Nei giorni a venire pubblicheremo altri documenti di approfondimento sul tema.

Tassonomia UE – Nucleare e gas diventano energie rinnovabili: ultimo colpo di coda?

Il Nucleare e il Gas sono sostenibili ? 

Questo è il tema caldo di cui si sta discutendo in questi giorni a seguito della decisione della commissione di inserire nucleare e gas nella cosiddetta “ tassonomia Ue”. 

Ma per capire meglio dobbiamo chiederci cosa è e a cosa serve la Tassonomia

Una cosa utile che la Ue ha fatto negli ultimi anni è stato quello di definire un sistema di classificazione (tassonomia) delle attività sostenibili allo scopo di perseguire l’obbiettivo di riorientare i flussi di capitale verso investimenti sostenibili e garantire la trasparenza del mercato.

Il regolamento (UE) sulla tassonomia è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 22 giugno 2020 ed è entrato in vigore il 12 luglio 2020: un atto legislativo importante per consentire e aumentare gli investimenti sostenibili e quindi attuare il Green Deal europeo, compresa un’economia che lavori per le persone e garantisca una transizione giusta che crei occupazione e non lasci indietro nessuno. 

(come di legge sul sito della European Commission

Il regolamento può anche fungere da strumento per guidare aziende e investitori nella transizione verso la sostenibilità; si applica ai partecipanti ai mercati finanziari che offrono prodotti finanziari, alle imprese finanziarie e non finanziarie nell’ambito di applicazione della direttiva 2014/95/UE (direttiva sull’informativa non finanziaria – “NFRD”).

Il regolamento sulla tassonomia individua le attività economiche ecosostenibili sulla base dei criteri di vaglio tecnico stabiliti negli atti delegati della Commissione. 

Il 4 giugno 2021 è stato adottato il primo atto delegato relativo ai criteri di vaglio tecnico per le attività economiche con un contributo significativo alla mitigazione e all’adattamento ai cambiamenti climatici (l’«atto delegato sul clima»). 

Un altro atto delegato, atteso per dicembre, ma rinviato, era per introdurre requisiti nazionali e a livello di UE in materia finanziaria allo scopo di etichettare prodotti finanziari o societari e obbligazioni commercializzate come sostenibili dal punto di vista ambientale. 

Ora la proposta di introdurre nucleare e gas nella tassonomia UE , prima della pubblicazione del secondo atto delegato avrebbe l’obiettivo di dichiarare sostenibili prodotti finanziari o societari che invece non lo sono in quanto legate all’economia del necleare e del Gas e di conseguenza di contrastare pertanto il prevedibile ritiro di risorse finanziarie da ambiti legati a fonti energetiche fossile come il GAS e al NUCLEARE e anzi, dichiarandole fonti sostenibili, di attirare nuove risorse finanziarie. 

In altra parole la Ue ha messo in piedi una bicicletta dotata di tutti gli strumenti affinché potesse pedalare verso un nuovo Green Deal, la proposta che abbiamo letto ieri sui giornali sarebbe il classico bastone tra le ruote, per incagliare e ritardare la corsa verso fonti sostenibili, e in particolare per trattenere risorse finanziarie su un mondo destinato a morire. 

Transizione ecologica: rispunta l’energia nucleare!

Non si finisce mai di meravigliarsi!  La crisi climatica parla chiaro: abbiamo a disposizione 7/8 anni per evitare che la temperatura della Terra superi i 1,5 Gradi centrigradi, punto di non ritorno per l’avvio di processi climatici irreversibili, assolutamente incontrollabili e imprevedibili che metterebbero a repentaglio la sopravvivenza dell’umanità.

Basterebbe questo per capire come l’opzione nucleare sia di fatto impraticabile: per avere il primo kwh di energia da nuove centrali nucleari bisognerebbe aspettare, nella migliore delle ipotesi, almeno 10 anni (tempo minimo di costruzione), e saremmo già fuori tempo massimo. Altro che transizione ecologica!

Eppure c’è ancora chi tira fuori dal cappello di prestigiatore la favole del nucleare pulito e sicuro ed economico. Di questi giorni la notizia che la Commissione Europea (il “governo” europeo) ha intenzione di inserire nella tassonomia UE il nucleare e il gas quali tecnologie da sostenere con investimenti finanziari, garantiti da soldi pubblici e marchi certificati di “sostenibilità”.

Che c’è di male? In fondo non è altro che dare un’etichetta, anche se forse inappropriata, nulla di più! Ma è proprio così?

Bisogna fare un passo indietro. Da anni le forze ambientaliste insistono sulla eliminazione o almeno riduzione drastica dei sussidi ai combustibili fossili (ad esempio, l’Italia, ancora oggi, destina circa 19 miliardi per le fossili, più di quanto destina per le rinnovabili) e per il sostegno alle energie rinnovabili. Se ne è discusso nella COP26 del dicembre scorso e neanche lì si è avuto il coraggio di voltare pagina. Alla fine, come compromesso,  si è deciso che andavano ridotti solo i “sussidi inefficienti”.

La proposta della Commissione Europea va nella stessa direzione: è un chiaro messaggio alla finanza (pubblica e privata) che anche nella transizione potranno continuare ad investire (e guadagnare) sul nucleare e sul gas, mentre invece abbiamo bisogno immediato di un piano di investimenti nelle fonti alternative, in coerenza con gli obiettivi europei per il 2030

Per avere un’idea, significa che buona parte dei 5,7 trilioni di dollari (gli attuali sussidi globali alle fonti fossili) potranno continuare ad essere erogati con le stesse finalità di prima, sotto una più accattivante veste di sussidi verdi, invece di essere orientati correttamente a finanziare energie veramente rinnovabili.

Riprendiamo il tema tema del nucleare sicuro, pulito e economico.

I costi.
Un po’ di storia. Nel 2008 Berlusconi firmò un memorandum con la Francia che prevedeva la costruzione in Italia di 4 reattori Epr. La Francia aveva iniziato poco prima (2006) a costruirne uno a Flamnville con un costo previsto di 3,3 miliardi di €. Oggi, nel 2022 è ancora in costruzione e il costo complessivo (Corte dei Conti francese) supera i 19 miliardi, senza aver prodotto un solo kwh! Per fortuna che in Italia c’è stato il referendum del 2011 e i cittadini hanno detto un chiaro NO al nucleare e la cosa da noi non è andata avanti. Facciamo due conti: abbiamo risparmiato la bellezza di circa 80 miliardi; in più, le fonti rinnovabili nel frattempo hanno prodotto 50 milioni di kwh all’anno, più di quanto avrebbero prodotto i 4 reattori nucleari. Inoltre, sul fronte dei costi della bolletta, puntare sul nucleare sarebbe un vero suicidio: secondo il World Nuclear Industry Status Report, nel 2020 produrre 1 kilowattora (kWh) di elettricità con il fotovoltaico è costato in media nel mondo 3,7 centesimi di dollaro, con l’eolico 4, con nuovi impianti nucleari 16,3.

Non possiamo che ringraziare la lungimiranza dei i cittadini italiani.

Energia pulita  e sicura.
Il nucleare, certo, non produce CO2 (anche se durante la costruzione della centrale …), ma produce … radioattività. In caso di incidenti gli effetti sull’ambiente sono catastrofici. Basta ricordare gli ultimi due incidenti più rilevanti di Cernobyl (1986) e di Fukushima (2011), i cui effetti hanno interessato ampie parti del pianeta e dureranno per migliaia di anni.

Ma anche in assenza di incidenti, avremo di fronte problemi enormi, mai risolti, come  lo smaltimento delle scorie radioattive e lo smantellamento della centrale a fine vita (perché dopo 40/50 anni e tutta a centrale ad essere radioattiva).

Ad esempio, in Italia, la quantità di scorie nucleari delle centrali elettriche dismesse non è elevata. Nonostante questo, da decenni non si riesce a individuare un sito adatto per lo stoccaggio delle scorie e nessuna regione ad oggi si è dichiarata disponibile ad accettarlo sul proprio territorio.

Non osiamo pensare a quanto succederà in Francia che ha più di quaranta centrali da smaltire, la maggior parte delle quali verso il fine vita: si vocifera di un costo di smaltimento attorno ai 400/500 miliardi!

Ritornando a Fukushima, è recente la notizia della decisione delle autorità giapponesi sversare in mare il milione di tonnellate di acqua radioattiva, stoccata provvisoriamente (?) per anni, in contenitori: con quali risultati sull’ambiente marino non si sa, ma si può immaginare.

Come è possibile pensare ad un ritorno al nucleare? 

L’Italia potrebbe avere un ruolo determinante in questa faccenda e spingere l’Europa a guardare in avanti, ma le esternazioni del nostro ministro per la transizione energetica non fanno ben sperare.

Per chi volesse approfondire: un articolo Giuseppe Onufrio direttore di Greenpeace Italia “Così rischiamo di intossicare anche i green bond” e uno più “politico” di Luciana Castellina e Massimo Serafini “Un colpo alla Terra e alla democrazia ”.

A settembre due serate di approfondimento

Gavardo in movimento organizza due serate di approfondimento su tematiche che hanno uno sguardo sovracomunale e che coinvolgono tutti noi.

8 SETTEMBRE ORE 20,30. Le sbarre e la Costituzione: il carcere, la pena e il reinserimento

15 SETTEMBRE ORE 20,30. Eroi fragili: i giovani e il Covid, fatiche e nuove risorse

PER PARTECIPARE ALLE SERATE, È NECESSARIO PRENOTARSI ATTRAVERSO QUESTO MODULO:

Commissariamento del Depuratore del Garda Bresciano: come estromettere la politica locale e mortificare i territori

Siamo preoccupati per la piega che sta prendendo la questione del Depuratore del Garda Bresciano. Siamo preoccupati per questo commissariamento immotivato, piovuto dall’alto, che di fatto estromette la politica locale dalla gestione del proprio territorio.

La vicenda era partita male fin dall’inizio, quando la Comunità del Garda (una associazione tra alcuni comuni del Garda), autonomamente e con una evidente arroganza, aveva deciso due cose fondamentali che hanno lasciato il segno e continuano a lasciarlo su tutta la faccenda.

La prima: la gestione del sistema di collettamento e depurazione del Garda non doveva più essere unitaria, ma le due regioni Lombardia e Veneto ognuna avrebbe gestito autonomamente la propria parte, il Veneto tenendosi il depuratore di Peschiera e la sponda bresciana facendone uno o più di nuovi sul proprio territorio.

La seconda riguarda la parte bresciana: né il/i nuovo/i depuratore/i, né tanto meno le acque depurate, dovevano restare sul proprio bacino imbrifero, ma in un altro limitrofo, quello del Chiese. Senza nessuna giustificazione se non quella generica e fuorviante di “salvare la più grande riserva di acqua dolce italiana”1 e senza coinvolgere le amministrazioni interessate. (È come se uno, che ha la necessità di costruire un W.C. esterno alla casa, decidesse di farlo non sul proprio terreno, ma su quello del vicino, senza neppure chiederglielo!).

Le reazioni ad una simile decisione non potevano mancare, sia da parte di comitati ambientalisti che di diverse amministrazioni comunali, reazioni che avevano portato la Provincia e l’Ato a rivedere le proprie posizioni iniziali. Le cose si erano così un poco aggiustate: prima con l’approvazione della mozione Sarnico (che, seppur non riconosce il sacrosanto principio che la depurazione dei reflui deve fare riferimento al bacino imbrifero di provenienza, stabilisce che gli impianti consortili di depurazione siano localizzati nelle aree territoriali dei Comuni afferenti all’impianto stesso); poi con l’attivazione di un percorso partecipativo per giungere ad una soluzione più rispettosa dei territori e maggiormente condivisa. Soluzione che sembrava fosse stata trovata.

Ma siamo ad oggi: la proposta non piace alla presidente della Comunità del Garda e ministra Gelmini, che, forte della sua posizione e senza alcun dubbio sui suoi possibili conflitti di interesse in questa vicenda, chiede il commissariamento.

E il governo prontamente glielo concede: con decreto-legge del 23 giugno 2021, n. 92, art 4 (“Misure di accelerazione delle attività dei Commissari in materia ambientale”), il governo al comma 7, “al fine di consentire la rapida attuazione del sistema di collettamento e depurazione del lago di Garda e la conseguentetempestiva dismissione della condotta sublacuale, giunta al terminedella propria vita tecnica”, nomina il Prefetto di Brescia “Commissario straordinario, … per laprogettazione, l’affidamento e l’esecuzione delle nuove opere per il collettamento e la depurazione della sponda bresciana del lago di Garda.”

Un intervenendo a gamba tesa sul legittimo processo decisionale in atto da parte degli enti territoriali preposti. Un intervento che Gavardo in movimento ritiene ingiustificato e politicamente sbagliato, che può lasciare ferite aperte nel tessuto democratico locale e creare un solco più ampio tra cittadini e le istituzioni democratiche.

Su quale basi il governo ha valutato che il processo decisionale si stava sviluppando troppo lentamente? Su quali basi afferma che la sublacuale è giunta al termine della sua vita, visto che è stato chiarito una volta per tutte che la bomba ecologica della sublacuale, pronta a scoppiare da un momento all’altro, era una bufala a tutti gli effetti? (vedere anche il recente articolo di Massimo Tedeschi sul Corriere della Sera) E perché decidere di dismetterla e non, invece, di sostituirla?

Perché non rispettare la volontà dei territori e inserire nel decreto il vincolo di rispettare il criterio della territorialità stabilito dalla Provincia di Brescia (mozione Sarnico), l’ente a cui spettava per legge decidere – e lo aveva fatto-?

Solo perché la ministra Gelmini non è di questo parere? Abbiamo un governo così facilmente “influenzabile”?
Che insegnamento di democrazia possono trarre i cittadini da questa vicenda?

C’è però ancora una possibilità per la politica di riscattarsi.

Il decreto deve essere convertito in legge con l’approvazione del Parlamento. Le forze politiche che hanno approvato la mozione Sarnico sono la maggioranza in parlamento. È chiedere troppo che le forze politiche locali facciano le debite pressioni presso i propri referenti nazionali perché si oppongano a questo commissariamento? Si può sperare che i parlamentari ascoltino i propri referenti locali e decidano di cassare il comma 7 dell’art. 4 del decreto o, almeno, di introdurre il vincolo contenuto nella mozione Sarnico?

Il Coordinamento di Gavardo in movimento

1 Il problema di salvare i laghi subalpini dall’eutrofizzazione è ben più complesso ed ha a che fare con i cambiamenti climatici; per questo vedere gli studi di Salmaso e &, sulla rivista Hydrobiologia.

Decennale Referendum Acqua Pubblica e Nucleare

12-13 giugno 2011: Referendum sul Nucleare e sull’Acqua come Bene Comune

Il Referendum (più partecipato e) più disatteso: se dieci anni vi sembrano pochi!

Nel giugno 2011 più della metà dei cittadini italiani aventi diritto a votare, circa 27 milioni (!!!) si recano alle urne per dire due chiari NO al Nucleare e NO alla privatizzazione dell’Acqua. Una volontà popolare chiara ed evidente a cui la politica avrebbe dovuto tempestivamente dare seguito. Invece nulla di tutto questo. I diversi governi che si sono succeduti, ma anche il Parlamento italiano (che ancora non ha trovato il tempo di discutere e approvare una legge di iniziativa popolare sull’acqua e il servizio idrico integrato che da anni giace nelle commissioni parlamentari in attesa di essere presa in considerazione ) hanno totalmente disatteso la volontà espressa dai cittadini e in alcuni frangenti cercando di forzare nella direzione opposta.

Il PNRR potrebbe/dovrebbe essere l’occasione per la politica di risanare questa grave ferita recata ai propri cittadini.

Rendere l’acqua veramente un bene comune, attraverso la gestione pubblica e partecipata del servizio idrico integrato e finanziamenti adeguati per un piano di ristrutturazione della rete idrica (che ancora oggi perde più del 40% dell’ acqua che vi scorre).

Chiudere definitivamente pagina sul nucleare, puntare sulle energie alternative veramente pulite (fotovoltaico, eolico, idrogeno verde, …).

Ma diversi segnali di allarme fanno temere che non sia proprio così.

 Nel PNRR non si trovano chiare scelte di indirizzo che vadano in quella direzione, anzi alcune pare vadano nella direzione esattamente opposta (vedi ad esempio, l’indicazione che al Sud si dovrebbe percorre la stessa strada percorsa al Nord: superare la “frammentazione” delle gestioni in house del servizio idrico attraverso la costituzione di multiutility come A2A, ACEA, ecc.) e alcune dichiarazioni del ministro della transizione ecologica preoccupano (ad esempio, quella sul possibile ricorso all’energia  nucleare come energia pulita).

Per questo è importante la mobilitazione dei cittadini e cogliere l’occasione di questo decennale per riprendere il discorso da troppo tempo interrotto e chiedere a gran voce il rispetto della volontà espressa  dei cittadini in quel lontano giugno del 2011.

Per questo Gavardo in movimento aderisce e chiede ai cittadini gavardesi di aderire alle iniziative promosse dal Forum Italiano dei Movimenti per l’acqua e per quanto riguarda il nostro territorio a quelle proposte dal Comitato Referendario Acqua Pubblica di Brescia.

PS. Di seguito i link a due articoli, apparsi su Il Manifesto, uno  è un’analisi del Forum dei Movimenti per l’acqua su quanto è previsto nel PNRR sul tema acqua, l’altro una “risposta” al ministro Cingolani sulla questione del nucleare da parte di Giorgio Ferrari, (ingegnere nucleare, una delle voci più critiche e autorevoli in Italia contro il ritorno all’energia nucleare).

Acqua Bene Comune: a che punto siamo?

Riprendiamo dopo diversi mesi il discorso sull’acqua come bene comune per fare il punto della situazione, stimolati anche da alcune prese di posizione pubblicate recentemente sulla stampa.

Ricordiamo che i cittadini italiani sono ancora in attesa che il parlamento e il governo diano seguito alla volontà espressa dal popolo italiano in modo chiaro e inequivocabile con il referendum sull’acqua del 2011 (2011? non è un refuso è proprio 2011, cioè 9 anni fa!): la maggioranza assoluta (quasi 26 milioni) di cittadini italiani dissero due grandi SI’ sull’acqua, abrogando l’obbligo di privatizzare le municipalizzate e l’inserimento in tariffa della “remunerazione del capitale investito”.

I cittadini si sono espressi a chiare lettere per una gestione pubblica e trasparente dell’acqua, lontana da ogni logica di mercato. Stiamo ancora aspettando che questo si avveri. In parlamento giace una legge di iniziativa popolare (la cui prima formulazione risale al 2007!) che aspetta ancora di essere discussa in parlamento.

A livello mondiale, è da tempo che molte grandi lobby economiche finanziarie hanno messo gli occhi sull’acqua: un bene essenziale per la vita (non si vive senza acqua) e nello stesso tempo limitato, due ottime caratteristiche “economiche” che garantiscono un’enorme possibilità di guadagno. È recente la notizia che un gruppo finanziario in California, leader mondiale dei contratti derivati, entro fine anno quoterà un “future” sul prezzo dell’acqua: (la scarsità dell’acqua diventerà così una commodity, cioè una merce su cui scommettere in borsa) e il suo prezzo sarà soggetto a speculazioni finanziarie come già avviene per i beni agricoli quali il grano. Chi ne vuol sapere di più legga l’articolo di Marco Bersani “Acqua: l’ultima frontiera della speculazione finanziaria”.

A livello provinciale, dopo il referendum del 18 novembre 2018 che chiedeva espressamente di mantenere pubblica la gestione del servizio idrico integrato, tutto è fermo (vi ha partecipato un quarto dei cittadini aventi diritto -non poco se si pensa che i principali partiti hanno lo hanno volutamente boicottato – che si è espresso per quasi la totalità per il SI). La società Acque Bresciane è ancora pubblica, ma in ogni momento potrebbe riprendere l’iter inizialmente previsto di far entrare un socio privato (A2A?) che poi gestirà di fatto il servizio.

A livello locale (Gavardo) sarebbe interessante sapere se il gestore del servizio abbia posto rimedio alle perdite particolarmente elevate (percentuale attorno al 40%) delle reti idriche del nostro acquedotto, motivo per il quali siamo incorsi in infrazione europea, assieme ad una cinquantina di altri paesi bresciani.

E’ Alex Zanotelli, sempre in prima linea sulla battaglia per l’acqua pubblica, che a metà novembre pubblica un appello e richiama alla loro responsabilità le forze politiche, in particolare il M5S e il PD. “È assurdo che la più̀ importante risorsa del Pianeta divenga negoziabile nel momento in cui la sua disponibilità̀ è messa sempre più̀ a rischio dai cambiamenti climatici. Cosa ci potrebbe essere di più̀ catastrofico che giocare in borsa sull’acqua, in un momento in cui già̀ scarseggia per miliardi di persone? Si stima che oggi quattro miliardi di persone (due terzi dell’umanità̀) devono affrontare scarsità̀ dell’acqua, per almeno un mese all’anno.”

“…È mai possibile allora che i partiti al governo siano pronti a investire miliardi e miliardi in Grandi Opere, come la Lione-Torino o il Ponte di Messina e non in un bene così fondamentale come l’acqua? Perché́ non investire nella ri-pubblicizzazione dell’acqua? Perché́ non investire nei 300mila km di rete idrica che perdono almeno il 50% dell’oro blu?”

Gli fa eco qualche giorno dopo Emilio Molinari, tra i fondatori del movimento per l’acqua con una lettera aperta a Roberto Fico, e lo incalza sia come presidente della Camera dei Deputatiche ha il dovere di richiamare tutti i partiti al rispetto della volontà popolare” che come “ … leader di un movimento che ha fatto della democrazia diretta e dei referendum la bandiera di una nuova sovranità popolare”.

Roberto Fico risponde a breve giro di posta e non si tira indietro: “… Ho affermato più̀ volte che lego questa legislatura all’approvazione di una legge sull’acqua pubblica. Una legge su cui la politica, il Parlamento, sono gravemente in ritardo.” Ripercorre i faticosi passi in avanti fatti in questa legislatura, ma ammette che “… Manca però il grande passo, appunto la riforma del servizio idrico integrato. E su questa inerzia dobbiamo essere severi”, impegnandosi in prima persona (” farò di tutto”) per raggiungere l’obiettivo in occasione del “decimo anniversario del referendum sull’acqua pubblica”.

Forse qualcosa si sta muovendo. Speriamo non sia un fuoco di paglia.

Nel frattempo può essere utile rinfrescarci la mente suiproblemi che l’attuale gestione del servizio idrico, da parte delle multi utility dell’acqua, ha evidenziato in questi anni. A questo proposito è bene andare a rileggersi un interessante inchiesta della rivista AltreEconomia di marzo 2019Il referendum tradito: otto anni dopo, l’acqua è ancora una fonte di profitto. Ecco perché”, che approfondisce questi aspetti.
Uno di questi è il metodo tariffario. Vediamo cos’è e le conseguenze che ne derivano.

Come viene stabilita la tariffa? La procedura è questa: ARERA, l’Autorità di Regolazione per l’Energia Reti e l’Ambiente predispone lo schema tariffario; gli Ato, Ambiti Territoriali Ottimali (in genere corrispondenti alle provincie)predispongono il piano economico finanziario per tutta la durata della concessione (Pef); i gestori del sevizio idrico applicano e riscuotono le tariffe.
La tariffa per legge dovrebbe coprire i costi di gestione e di investimento secondo il principio del “full cost recovery”, cioè il servizio viene pagato dai cittadini, come già succede per il servizio di raccolta dei rifiuti.
In realtà, così com’è stato congegnato da ARERA, nella tariffa compaiono anche costi esterni al servizio: gli “oneri finanziari” (un modo non troppo nascosto di reintrodurre la remunerazione del capitale investito, bocciata dal referendum), i “costi di morosità” e “il conguaglio” (anch’essi costi “impropri”, come spiegato nell’articolo).
Analizzando i bilanci di tre importati società che gestiscono il servizio idrico integrato in ampie zone dell’Italia SMAT (Torino), A2A (Brescia) e ACEA (Roma), si arriva “a 1,2 miliardi di euro di ‘costi eccedenti’ finiti in tariffa per gli anni che vanno dal 2014 al 2017, intascati da queste tre società e impropriamente pagati dai cittadini. Si comprende, così, come con questo metodo le tariffe siano costantemente aumentate (del 90% in 10 anni!). In sostanza, un metodo, quello della tariffa, che fa gli interessi dei gestori, caricando costi fittizi sulle spalle dei cittadini.

Se alziamo lo sguardo a livello mondiale, troviamo un tema di grande attualità, su cui come società umana siamo chiamati a dare risposte: è lo stretto legame tra acqua e cambiamenti climatici, che riprenderemo in un’altra occasione e per il quale rimandiamo, per un primo approfondimento, alla sintesi delrecenteRapporto mondiale delle Nazioni Unite sullo sviluppo delle risorse idriche 2020.

Buona lettura!