PERCHÉ VOTARE SI IL 17 APRILE

banner-300x250-mareIl benessere di un paese e dei suoi cittadini è strettamente connesso al tipo di economia che persegue. Questo è un momento cruciale di transizione per la nostra economia: le scelte che facciamo adesso incideranno fortemente sul futuro dei nostri figli e nipoti.

I nostri motivi per andare a votare SI al referendum del 17 Aprile ed evitare che le trivelle troppo vicine alla costa (entro le 12 miglia) possano andare a compromettere la qualità dei nostri mari.

  1. Ormai è assodato che l’economia basata sul consumo dei fossili non è sostenibile: inquina i territori, acidifica i mari, contribuisce al cambiamento climatico. Le trivelle sono incompatibili con gli impegni presi alla conferenza sul clima di Parigi di ridurre drasticamente l’uso dei combustibili fossili.
  2. Vogliamo tutelare i mari, preservarne la biodiversità e la vitalità, vogliamo che i mari siano puliti sani e produttivi. La scelta di estrarre petrolio e di gas metano vicino alla costa mette a rischio i nostri mari: le attività di ricerca e di estrazione (anche senza incidenti) sono fortemente inquinanti. Due dati significativi tratti dal recente rapporto Greenpeace: la quantità di catrame depositato sui nostri fondali è la più alta in assoluto al mondo (con una densità media di 38 milligrammi per metro quadrato); i due terzi delle piattaforme risultano fuori limiti di legge per la presenza di inquinanti nei sedimenti.
  3. In caso di incidente in un mare chiuso come il mar Mediterraneo l’effetto sarebbe disastroso e il danno prodotto incalcolabile. Secondo Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) le varie tecniche di disinquinamento consentirebbero di recuperare non più del 30% dell’idrocarburo sversato.
  4. L’Italia non è un paese da trivellare, ma da valorizzare. Le risorse che danno valore sono visibili (la bellezza e la varietà del nostro paesaggio, il nostro patrimonio storico-architettonico, unico al mondo). La tutela della nostra costa va in questa direzione.
  5. Le trivelle troppo vicino alla costa mettono a rischio altre attività che sono la vera ricchezza del Paese: il turismo (in particolare quello balneare) che dà lavoro a quasi 3 milioni di persone, con un fatturato di 160 miliardi di euro (quello balneare 19 miliardi), la pesca che dà lavoro a quasi 350.000 persone; il patrimonio culturale, che vale il 5,4% del PIL e che dà lavoro a circa 1,5 milioni di persone (dati Federcultura). La trivellazione a terra mette in difficoltà il settore agroalimentare comparto agroalimentare, che vale l’8,7% del PIL, dà lavoro a 3 milioni e 300.000 persone, con un fatturato annuo di 119 miliardi di euro.
  6. Non è estraendo in casa irrisorie quantità di fossili che il Paese conquisterà l’indipendenza energetica. Secondo i dati del Ministero dello Sviluppo la quantita’ di energia in TEP estratta entro le 12 Miglia e’ pari al 2,2 % del fabbisogno energetico nazionale. Inoltre, le nostre riserve di gas metano presenti nel nostro sottosuolo (certe, probabili, possibili) sono pari a 88,5 MTep e quelle del petrolio pari a 142 MTep: le prime non bastano neppure per coprire il fabbisogno nazionale per un anno e mezzo, le seconde coprirebbero poco meno di due anni e mezzo di consumi nazionali. (per non parlare della valutazione dell’Unmig, ufficio minerario per gli idrocarburi e le geo-risorse del MISE, per il quale le riserve certe coprirebbero il fabbisogno nazionale di greggio solo per 7 settimane e quello del gas per 6 mesi!)
  7. Alcuni utilizzi più “nobili” degli idrocarburi sono fondamentali per il nostro benessere e lo saranno anche nella transizione alle fonti di energia rinnovabile. Si pensi alle gomme dei mezzi di trasporto, all’utilizzo di dispositivi monouso in ambito sanitario, alle guaine dei cavi elettrici, ecc. Non è una cattiva idea quella di non consumare del tutto le poche riserve di idrocarburi rimaste sul territorio nazionale, ma di conservarne strategicamente una parte per le generazioni future.
  8. I ritorni economici per il Paese sono minimi se rapportati ai guadagni delle compagnie petrolifere e si annullano del tutto se si confrontano con i danni dovuti all’inquinamento degli habitat acquatici e terrestri e ad un eventuale disastro ambientale in caso di incidente.
  9. Non porre limiti di tempo alle concessioni impedisce alla regioni e alle popolazioni locali di svolgere il ruolo di controllo soprattutto nella delicata fase di dismissione degli impianti.

Questo referendum va, quindi, ben oltre allo specifico quesito (cancellare la norma che consente alle società petrolifere di proseguire, senza limiti di tempo, l’estrazione di gas e petrolio, entro le 12 miglia marine dalle coste italiane).
E’ soprattutto una straordinaria occasione– da non mancare- per mettere finalmente al centro del dibattito pubblico il tema energetico e ambientale. Un’occasione per ricordare al nostro governo l’urgenza e l’importanza di dotare questo paese di una strategia energetica nazionale all’altezza delle sfide del futuro.

Vogliamo un mare dal sapore di sale